RIVISITAZIONE DELL’11 SETTEMBRE 2001 (ATTO II, PARTE II)

Fonte: Center For An Informed America

Di Dave McGowan
2 ottobre 2004

ATTO II: PARTE II

Alcuni siti web, tuttavia, affermano il contrario. Stranamente, alcune di queste stesse foto vengono citate altrove come prova che un 757 si sia schiantato contro il Pentagono. La foto qui sotto, ad esempio, raffigura presumibilmente detriti aerei – e per giunta detriti aerei straordinariamente non carbonizzati. Se avete difficoltà a notarlo, ecco una dritta: è la roba verde. Se vi state chiedendo come è possibile essere sicuri che si tratti realmente di detriti aerei, la questione è davvero molto semplice: lo sono, vedete, perché sono verdi. Tale è il livello di analisi investigativa impiegato da almeno un “debunker”. Prima di apprendere il modo corretto per identificare i rottami di un aereo, avevo pensato che la roba verde fosse probabilmente solo un arredamento per ufficio disgregato di qualche tipo. E non avevo neanche ombra di dubbio che alcuni fragili frammenti di detriti potessero perforare un robusto muro di muratura creando un grosso foro in maniera netta.

Come ho spiegato nel mio primo sermone sul Pentagono, sarebbe stato fisicamente impossibile per il muso, o qualsiasi altro componente, di un Boeing 757 praticare un foro di uscita nell’anello “C” del Pentagono dopo aver attraversato tre interi anelli dell’edificio. Come ha osservato il Los Angeles Times, cinque giorni dopo gli attacchi, il Pentagono è stato “costruito per essere robusto e impenetrabile come questo paese ha sempre sperato che fosse il suo comparto militare … Quando venne iniziata la costruzione sul cantiere, stranamente, l’11 settembre 1941, esattamente 60 anni prima dell’attacco di martedì: era un bunker all’avanguardia”.

(http://www.latimes.com/news/nationworld/nation/la-091601pentagon,0,1620389,print.story)

Il Pentagono è una struttura immensa ed estremamente robusta. È composto principalmente da cemento armato spesso e rinforzato con acciaio. Le mura esterne sono spesse due piedi, due piedi di cemento solido, mattoni e pietra calcarea (osservare dettaglio del muro, in basso a sinistra). Come rileva uno studio pittorico dell’edificio, “anche le pareti interne principali al di sopra del livello interrato sono in muratura”. In tutto l’intero complesso, distanziate di circa quindici piedi l’una dall’altra, in entrambe le direzioni, sono presenti colonne spesse in cemento armato (osservare esempio, in basso a destra). Sono presenti inoltre “trasformatori e sale macchine … protetti da pareti in muratura e porte tagliafuoco”.

http://www.greatbuildings.com/buildings/The_Pentagon.html )

Le lastre del pavimento degli edifici sono realizzate con 5,5 pollici di cemento armato. In base alla storia del Pentagono redatta dal Dipartimento della Difesa, per aumentare ulteriormente la massa totale di cemento che costituisce il Pentagono, “per collegare i piani sono state utilizzate rampe di cemento anziché ascensori”. La stessa fonte aggiunge che “l’appaltatore completò le prime due sezioni dell’edificio il 30 aprile 1942, circa otto mesi dopo l’inaugurazione, e il personale del dipartimento di guerra iniziò a trasferirvisi”.

http://www.greatbuildings.com/buildings/The_Pentagon.html )

Lascerò meditare i seri teorici della cospirazione li fuori sul significato della data dell’inaugurazione e della data dell’occupazione iniziale. Il punto qui è sottolineare il numero di impedimenti spessi, densi e in cemento armato che ostacolerebbero il percorso di qualsiasi missile che tenti di perforare il Pentagono. Per penetrare del tutto un solo anello sarebbe necessario il brillamento di due pareti in muratura spesse 24 pollici, diverse pareti interne in muratura (notare la sezione trasversale dell’anello a “E” fornita dalle foto post-collasso), numerose colonne di supporto in cemento e forse una rampa in cemento o una cabina di trasformazione in cemento. Inoltre, dato che una fusoliera di un 757, (vedere sotto – e notare, nella vista frontale, i “serbatoi” visibili sul lato inferiore) non si incastrerebbe facilmente tra i piani, e poiché la storia ufficiale afferma che l’aereo sia entrato tra il primo e il secondo piano, dovrebbe farsi strada orizzontalmente attraverso uno spesso strato del solaio in cemento armato.

Il LA Times (e molte altre fonti) ha aggiunto che, nonostante tutto il cemento armato, la porzione del Pentagono che è stata colpita durante l’attacco era stata recentemente “ricostruita con una rete di colonne e barre d’acciaio per resistere alle esplosioni delle bombe”. In altre parole, il Pentagono in generale, e soprattutto la parte interessata dall’attacco, è un edificio estremamente ben fortificato. Un aereo che attraversa tre anelli del complesso sarebbe più o meno equivalente ad un aereo che attraversa un’intera serie di bunker di cemento per poi esplodere.

Un altro fatto interessante sull’attacco del Pentagono che viene spesso ignorato è che, affinché la storia ufficiale sia credibile, l'”aereo” che ha colpito il Pentagono avrebbe dovuto viaggiare in direzione quasi perfettamente orizzontale ad un’altitudine estremamente bassa – a qualche piede dal terreno. E avrebbe dovuto viaggiare ad una velocità che gli potesse permettere di mantenere quella traiettoria, senza perdere quasi per niente quota, nonostante si stesse facendo strada attraverso dozzine di barriere in cemento armato.

Il muso di un aereo passeggeri Boeing, nella foto sotto, è composto da carbonio. La sua funzione è quella di fungere da copertura aerodinamica per il sistema di navigazione dell’aeromobile. Non è progettato per essere utilizzato, e non svolgerà bene il suo compito, come una testata missilistica. L’impatto con la primissima parete in muratura avrebbe disintegrato il muso dell’aereo e l’elettronica in esso racchiusa. Alla fusoliera dell’aereo, composta principalmente da metalli resistenti ma leggeri, sarebbe andata giusto leggermente meglio.

Se dovessimo giocare con la storia ufficiale, potremmo prendere in considerazione due componenti di un Boeing 757 che avrebbero potuto avere massa e densità sufficienti da praticare un tale foro d’uscita: uno dei motori o una parte della fusoliera che fosse stata completamente compattata dai precedenti impatti con le fitte pareti in muratura e le colonne di cemento. Ma ancora una volta, va sottolineato che mentre tali componenti avrebbero potuto benissimo trapassare più pareti di un anello del Pentagono, certamente non avrebbero potuto trapassare del tutto tre interi anelli.

La versione ufficiale sostiene che fosse stato il leggero muso in carbonio dell’aereo a perforare il foro di uscita, piuttosto che una densa massa di metallo. Secondo il bollettino online della National Fire Protection Association, “Il capitano Defina e il capo battaglione dell’aeroporto Walter Hood, così come i capi battaglione di altre giurisdizioni, guidarono le squadre con le manichette all’interno per spegnere gli incendi su ogni piano degli anelli ‘D’ ed ‘E’. L’aereo era penetrato fino all’anello “C”. “L’unico modo per cui si potesse dire che all’interno ci fosse un aereo è stato quello di aver visto pezzi del carrello anteriore. La devastazione era terribile'”.

(http://www.nfpa.org/NFPAJournal/OnlineExclusive/Exclusive_11_01_01/exclusive_11.01.01.asp)

Il capo dei vigili del fuoco della contea di Arlington, Ed Plaugher, quando gli è stato chiesto durante una conferenza stampa del Dipartimento della Difesa se ci fosse la presenza di carburante per aerei, ha risposto: “Abbiamo quella che crediamo essere una pozzanghera proprio lì che il — quello che crediamo essere il muso dell’aereo . Perciò — ”

http://www.defenselink.mil/news/Sep2001/t09122001_t0912asd.html )

Riguardo a questi rapporti sull’esistenza del carrello anteriore e spiegare che non poteva essere stato causato un presunto foro di uscita da un aereo passeggeri, ho suggerito nel mio precedente sermone sul Pentagono che il danno fosse probabilmente causato da un particolare tipo di missile cruise – in particolare, un Boeing AGM-86C Conventional Air Launched Cruise Missile (CALCM) dotato di una testata all’uranio impoverito (DU). Ecco alcuni estratti di ciò che ho scritto nel giugno 2002:

Il funzionamento è spiegato dalla Federation of American Scientists: “Dopo il lancio, le ali piegate, le superfici di coda e il motore del missile si aprono. È quindi in grado di eseguire rotte complicate verso un obiettivo attraverso l’uso di un sistema di posizionamento globale (GPS) di bordo accoppiato con il suo sistema di navigazione inerziale (INS). Ciò consente al missile di dirigersi verso il bersaglio con una precisione millimetrica. Il sito web della FAS commenta anche che le “piccole dimensioni e la capacità di volo a bassa quota del missile, lo rende difficile da rilevare sui radar”.

L’AGM-86 può anche essere dotato di una testata “penetrante”, progettata per tagliare bunker temprati. Come lo descrive la FAS: “Il programma AGM-86D Block II è la variante Precision Strike del CALCM. Incorpora una testata penetrante, aggiornata all’avanguardia, una guida GPS precisa al limite e un profilo di volo dell’area terminale modificato per massimizzare l’efficacia della testata.

Gli scienziati americani discutono anche di uno “studio sulla fattibilità [che] si è concluso nell’aprile 1997, in cui è stato stabilito che la testata BROACH sul CALCM avrebbe offerto capacità di bersaglio molto significative … Il sistema multi-testata BROACH … ottiene i suoi risultati combinando una primo carica del penetratore (testata) con una bomba secondaria di esecuzione, supportata da spolette bersaglio multi-evento.

Tutto sembrava adattarsi: la penetrazione iniziale pulita, la capacità di volo a bassa quota, la capacità di eludere i radar, la capacità di penetrare più bersagli rinforzati. Apparentemente anche altri ricercatori hanno apprezzato la descrizione calzante. Come ho già detto nell’Atto I, di recente ho letto parti di una versione online del libro di David Ray Griffin, The New Pearl Harbor. Nel farlo, ho notato che il signor Griffin sembra favorire l’idea che ciò che abbia colpito il Pentagono fosse “uno dei missili tipo AGM dell’ultima generazione, armato con una carica cava e una punta BLU di uranio impoverito”. Griffin attribuisce questa teoria a Thierry Meyssan.

A memoria ricordo che l’ultima volta, Meyssan stava vendendo una teoria su un’autobomba, quindi non sono proprio sicuro da dove lui e Griffin abbiano tirato fuori quella pazza teoria sui missili AGM, ma dopo aver esaminato attentamente le prove fotografiche, ora posso dire con notevole certezza che non era una testata missilistica quella che ha praticato quel foro di uscita. Posso dirlo perché è perfettamente ovvio che il foro di “uscita” non fosse affatto un foro di uscita.

Per prima cosa, nonostante nessuno sembra averci pensato molto seriamente, non è nella posizione giusta per poter essere un foro d’uscita. È vero, il buco è dove dovrebbe essere se un missile che seguisse la presunta traiettoria del presunto aereo avesse tagliato l’edificio in una linea perfettamente retta dal punto di ingresso. Ma ciò non accadrebbe mai in questo luogo che chiamiamo “mondo reale”. Nel mondo reale, quando un missile in rapido movimento colpisce un oggetto piatto, denso e immobile ad angolo (in questo caso, un angolo di circa 45 gradi, secondo la maggior parte dei resoconti), entra in gioco qualcosa chiamata deflessione.

È passato un po’ di tempo dall’ultima volta in cui ho seguito una lezione di matematica o fisica, quindi non cercherò di impressionare nessuno qui con calcoli complicati, che sarebbero comunque privi di significato per la maggior parte delle persone (me compreso). Invece, farò l’osservazione di buon senso che, a causa della tendenza di un missile nel deviare da una superficie piana immobile (relativamente parlando) quando colpisce ad angolo, ci vuole molta più energia per penetrare ad angolo di quanta ne serva per penetrare frontalmente. E quando un missile penetra attraverso una superficie angolata, la traiettoria di quel missile cambierà a causa della deflessione.

Il grado di deflessione dipenderà in gran parte dalla velocità e dalla massa del missile e dalla densità della superficie immobile che viene colpita/penetrata. Se il missile viaggia a velocità sufficiente e ha massa sufficiente e la superficie angolata offre una resistenza minima, la deflessione sarà minima. Tuttavia, poiché la velocità del missile diminuisce ad ogni penetrazione successiva, ogni ostacolo successivo offrirà una maggiore resistenza e, a causa degli effetti cumulativi della deflessione, verrà colpito con un angolo progressivamente più acuto, a tal punto che, dopo un determinato numero di impatti/penetrazioni, il missile avrà perso velocità sufficiente e/o viaggerà con un angolo talmente acuto che, invece di penetrare, rimbalzerà sulla successiva parete in muratura o colonna di cemento lungo il suo percorso. Nel caso del Pentagono, questo sarebbe accaduto molto prima che un missile potesse colpire tre interi anelli del complesso.

Anche se dovessimo accettare che il missile sia riuscito, miracolosamente e in violazione di varie leggi della fisica, a tracciare un percorso perfettamente rettilineo attraverso tre interi anelli del Pentagono, resteremmo comunque con una dubbio piuttosto sconcertante: se qualsiasi cosa abbia praticato quel buco avesse avuto ancora massa e velocità sufficienti per farsi strada del tutto attraverso due piedi di solido cemento, mattoni e calcare ed esplodere, cosa gli ha impedito di continuare il suo percorso attraverso l’anello “B” del Pentagono? Una volta uscito dall’anello a “C”, dopotutto, non c’era nulla tra esso e il successivo muro esterno, ma una quarantina di metri d’aria, che normalmente non offrono molta resistenza. Eppure, secondo tutti i rapporti (e la foto a sinistra), il danno non si estendeva oltre l’anello “C”. Quindi cosa esattamente ha fermato l’avanzamento del presunto missile dopo essere fuoriuscito del tutto dall’anello “C”?

Di seguito è riportato quello che si presume essere il rapporto ufficiale sui danni al Pentagono. Si noti che nell’anello “C”, nessuna delle colonne strutturali nel presunto percorso di marcia ha subito danni significativi. Giusto per divertimento, prendete un righello e provate a tracciare un tragitto dal foro di ingresso al foro di uscita che non passi attraverso una o più di quelle colonne in gran parte non danneggiate. Fatemi sapere se ci riuscite.

Adesso che cosa dobbiamo concludere su ciò che è successo? Il muso stranamente indistruttibile del volo 77 si è in qualche modo incastrato attorno a quelle colonne mentre usciva dall’edificio? O è andato in giro come se fosse in un gigantesco flipper fino a quando, magicamente, in qualche modo è tornato in pista e con energia sufficiente per perforare l’edificio? Forse sono solo un po’ scettico, ma in qualche modo trovo uno di questi scenari piuttosto improbabile.

Quindi ci sono, a quanto pare, almeno tre questioni sollevate sull’esistenza del foro di ‘uscita’; come ha fatto il missile a passare attraverso dozzine di impedimenti di cemento e tuttavia trattenere ancora abbastanza energia per trapassare del tutto una parete in muratura spessa due piedi? Una volta fuoriuscito dall’anello “C”, cosa ha fermato l’avanzamento del missile? E come ha fatto il missile ad evitare di colpire un’intera serie di colonne dopo essere uscito dal foro appena creato?

Come rivela la foto a sinistra, lo spazio tra gli anelli “C” e “D” e tra gli anelli “D” ed “E” non è uno spazio vuoto (come avevo erroneamente creduto nel momento in cui ho scritto la mia precedente diatriba); piuttosto, quegli anelli sono collegati, ma solo per i primi due piani. Si noti che non vi sono danni visibili al tetto del secondo piano tra gli anelli “C” e “D”, né vi sono danni visibili agli anelli “C” e “D” stessi, ad eccezione del foro di uscita annerito (e due ulteriori aperture annerite nell’anello “C” apparentemente create dai vigili del fuoco per accedere all’edificio). Sembrerebbe quindi che non vi siano stati danni significativi al complesso edilizio al di sopra del secondo piano, almeno oltre l’anello “E”.

Infatti, anche nell’anello “E”, il presunto punto di ingresso, non sembrano esserci stati danni troppo significativi al di sopra del secondo piano. Come si può vedere nella foto post-collasso sopra, tutte le colonne strutturali sopra il secondo piano sembrano essere intatte e, abbastanza sorprendentemente, non sembra esserci neanche una quantità significativa di danni per effetto dell’incendio al di sopra del secondo piano. I mobili che si trovano proprio accanto al punto del crollo sembrano essere illesi. Lo stesso è in gran parte vero per l’area sull’altro lato del crollo, come si può vedere nella foto in basso a sinistra, che presenta una visuale della voragine dopo l’inizio dei lavori di bonifica.

Non c’è nulla di sospetto o di insolito, tra l’altro, nel distacco netto tra le parti crollate e in piedi dell’edificio. Alcuni teorici hanno erroneamente attribuito un significato al fatto che sembra che il Pentagono sia stato tranciato in modo netto. La verità è che l’edificio ha ceduto in quello che è conosciuto come un giunto di dilatazione (una rottura incorporata per consentire l’espansione e la contrazione), che è esattamente il punto in cui ci si aspetterebbe un crollo, se dovesse verificarsi ( è contrassegnato come giunto di dilatazione sul rapporto di danneggiamento presentato in precedenza, e un giunto di dilatazione è chiaramente visibile lungo i tetti degli anelli superstiti nelle foto aeree, direttamente in linea con lo ‘spicchio’ dell’anello “E”).

Il punto che ho iniziato a sottolineare in questo istante è che, ad eccezione della porzione crollata dell’anello “E”, tutti i danni strutturali e quasi tutti i danni per effetto dell’incendio sono stati confinati al primo e al secondo piano. Sembra che l’incendio, dalla sua origine nel punto dell’impatto, abbia bruciato principalmente lungo il tetto (fino a quando, presumibilmente, i vigili del fuoco non lo hanno tenuto sotto controllo). Come si può notare nelle viste a sinistra e in alto a destra, bruciava solo lungo i segmenti del tetto composti dal materiale di colore blu, che non risulta essere molto ignifugo. L’apparente assenza di danni da incendio ai piani superiori degli edifici adiacenti tende a indicare che sia stato principalmente il tetto, e non gli edifici stessi, a subire danni significativi da incendio.

Ma se la stragrande maggioranza dei danni significativi riguarda solo il primo e il secondo piano, a tal punto che un tetto del secondo piano in direzione di una parte del presunto tragitto non mostra segni visibili di danneggiamento, allora non siamo davvero invitati a credere che un enorme jumbo jet 757 sia scomparso senza lasciare traccia all’interno di un edificio di cinque piani; abbastanza incredibilmente, siamo effettivamente invitati a credere che sia sostanzialmente scomparso senza lasciare traccia all’interno di un edificio a due piani!

Continua…

P.S. È probabile che alcuni link inseriti in questo articolo non siano più reperibili a causa della censura di massa o siano stati recuperati attraverso la Wayback Machine.

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